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From Chapter XIV (pp. 63-71), "Fabrica della carta da scrivere"
  
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From Chapter XIV (pp. 63-71), "Fabrica della carta da scrivere"

E per venire alla relatione della fabbrica d'essi paperi, che riescono qua nel
dominio genovese, massime a Voltri, perfettissimi, parlando prima della casa,
& arnesi stabili dico, che

L'habitatione ha da essere in paese e sito fresco, dominato da vento
Tramontana e Ponente, che sono a proposito per asciugar i paperi presto e
bene, quando sono tratti dall'acqua, e quando poi s'incollano.

L'acque hanno da esservi abondanti e chiare, con buona caduta, perché
habbia maggior forza per far batter le pile, che pestano le straccie.

Il capo d'opera ha d'haver sperienza di tal fabbrica per l'opera di calcina,
legnami e ferramenti.

Il sito della fabbrica di doi solari, per ordinario va di longhezza palmi 90
in 100 e di larghezza 40 in circa. Sopra il primo piano a terreno se vi mettono
le pile con gli alberi congionti alle ruote, le quali con l'acqua fanno pistare
le dette pile, o siano mazzi. Ci va poi un troglio longo palmi 15 in 16 e largo
otto in diece, in questo ripongonsi le straccie a marcire, perché siano più
facili a pistare, & il troglio è chiamato il mettidore. Vi vogliono altre casse
pur di materia da riponer le straccie, quando son fatte in pisti. In altra
stanza pur nel detto piano ha da esservi una tina pur di materia in giro
rotondo palmi 20 e di altezza palmi 4 in circa, con un troglio appresso, ove
si tiene la materia delli pisti preparati per lavorare, di dove il Lavorante (che
così chiamasi colui che fa il papero) con la forma va somministrando tanta
della sudetta materia in detta tina, quanta si va sminuendo nel fare i fogli,
accioché stia sempre piena ad un segno. Presso a detta tina vi è una soppressa
grossa, che sarà palmi diece, con li doi banchi che vi vanno, uno de' quali sta


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sotto terra con due zochi pur sotterrati, per tenerlo saldo, & ad essi se vi
mettono due vide di legno con perni di ferro, per tenerli stretti, & a dette
vide due morse[35] per stringere e calcare il banco di sopra. Subito che è
formato il papero, cioè mezza risma, che sono fogli 250, si ripone in mezzo a'
feltri di lana, e si suppressa nel mezzo di detti doi banchi con le dette morle
a forza di braccio col ministerio di tre huomini & altretante donne.

Nel primo solaro sono le stanze per l'habitatione del Maestro, & un'altra
dove si lisciano li paperi, addimandato il Lisciadore. V'è un altro sito ancora
per purgar e crollar le straccie dalla polvere; questo è detto il Crolladore.
Ve n'è anco un altro, ove sta la Caldaia di rame assai grande, con fogone, per
cuocer la colla, alta palmi quattro e mezzo in circa, e larga in giro palmi
diece; a questa sta vicino un troglio longo palmi cinque e largo tre in circa,
ove si tiene la colla, quando è cotta. Sopra questo sta un'altra soppressetta
piccola portabile, e proportionata al detto troglio, nel quale si calca il papere,
e se vi fa amollire & imbeverare, come si dirà a suo luogo. Bisogna a forza di
detta soppressa[36] farne uscire l'acqua, e vi resta sola incorporata la colla.

L'ultimo solaro contiene una stanza sola con balconi d'ogn intorno, a'
quali si dice Rebatte. La stanza è detta lo Spanditore, perché se vi spandono
e stendono li paperi per asciugarli sopra certe cordicciuole dette terragnine,
attaccate a' legni presso alla gronda del tetto. Qui s'asciugano detti paperi
formati in fogli, e poi s'incollano. Le sudette Rebatte con li venti favorevoli
s'aprono, e con li contrarij si serrano, perché non dannifichino li detti paperi
così bagnati.

Fra gli arnesi sono una grata di trappe, o sia di tavolette strette discoste
un poco l'una dall'altra, ove si sbattono e crollano dette straccie per purgarle
dalla polvere, e questa è la prima mano. Si ripongono poi sopra un banco, o
sia tavola, longa quanto è la stanza, a quale vi son ripartiti tre o quattro
luoghi, ad ogn'uno de' quali sta fisso un ferro come la mano, un poco adunco,
col taglio che sta all'in giù, per squarciare e stritolare le straccie, e si chiama
lo Squarcio. Le straccie si dividono in tre qualità, cioè fioretto, fiorettone e
gruzzoto. Un operario addimandato lo Studiente le colloca nel mettidore,
ripartendo le qualità; ivi le asperge di poc'acqua, perché si scaldino e marcischino,
e si possino pistare più facilmente. Quando sono preparate si mettono
in le pile nel primo piano a numero diece, cioè cinque ad una rota,
che dicono a Cinci, e cinque all'altra rota, quattro de' quali si dicono da
repisto, e l'altra da sfilato. Sono di marmo concave, col vaso quasi ovato, e
teniranno mezzo bacile d'acqua in circa l'una; sopra il piano di queste vi è
una piastra di ferro di peso un cantaro in circa, che tiene tutta la longhezza
e larghezza del fondo, al quale con legno e piombo benissimo si unisce. In
ogn'una di esse pile vi batton tre mazzi di rovere o di altro legno simile, a'
quali sono fissi trenta denti detti biette, che sono di ferro, in peso una lira
l'uno in circa, e li mazzi sono attaccati ad una stanga fraposta ad un legno
detto Chiave, con un perno pur di legno, che vi passa per mezzo; questo
opera che si possino alzare e calare li mazzi, conforme l'acqua fa girare la


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rota dell'albero, e vanno li detti mazzi con ordine tanto regolato, che essendo
tre mazzi per pila, alzandosi uno nella prima pila, segue il secondo nell'altra,
così il terzo nell'ultima, senza che vi assista alcuno; & il detto Studiente sa
l'hora che devono esser pisti, e va a levarli. Vi sono poi certi canaletti, che
portano di continuo l'acqua in dette pile; & ancorché sia acqua netta, la
fanno purgare in trogli, e poi passare sopra certe telette tessute di rame e di
peli di coda di Cavallo, perché non vi restino né busche, o sian festuche, né
altre immonditie, e di continuo entra & esce. Passa poi nella pila per un'altro
buco più basso, e vi è parimente la detta teletta, acciò che con l'acqua non
vadino via li pisti, e mentre sta in la pila li mazzi son fatti con tale arte, che
secondo che pistano fanno anco voltare il pisto, acciò che si lavi di continuo,
e che resti pisto ugualmente, il che segue senza l'assistenza d'alcuno, a tal che
restano poi bianche come latte.

Pisti che sono a queste prime pile, si mettono nelle casse sudette, e se vi
sparge fra mezzo calcina in polvere, stando così in riposo qualche giorni; la
calcina li fomenta, li ristringe e gli rode i peli, o altro che vi fusse, e fa che
non marciscono. A suo tempo si collocano nelle sudette quattro pile da
repisto, e di nuovo repistandole con l'acqua che di continuo vi entra & esce,
si purgano e perfettionano. Repistato si mette a poco la volta in sudetta pila
da sfilato, la quale è un poco più grande della altre; non ha piastra né denti
di ferro, perché solo ha da stemprare con l'acqua la materia che v'entra e
più non esce. Ha però sopra il fondo una piastra di pietra da molino, & alli
mazzi non ha denti; è vero che son più grossi degli altri, e così pistando
stemperano di tal maniera quella materia che pare propriamente neve.
Subito si mette nello troglio sudetto presso alla prima Tina, ove il Lavorante
n'aggiunge secondo il bisogno a proportione di quelle ne va levando nel
papero che si fabbrica. Vi è un Garzonetto detto il Lavadore, che ha cura di
tanto in tanto di rimescolare un bastone, o siano doi, che attaccati al solaro
sopra detta Tina sono tanto longhi che arrivano sino al fondo di essa, e
menando li detti bastoni fa venire a galla li pisti, quali a poco a poco scendono
al fondo, per tenire la materia sempre densa ad un modo e poter formare li
fogli uguali, facendosi un foglio per volta.

Il Lavorante ha doe forme della grandezza del foglio che vuole formare,
amendue uguali in ogni cosa, fatte di filo di rame sopra un telaro di legnetti,
a cui improntano l'impresa e nome del patrone della fabbrica. Per maneggiarla
ha un telaro pur di legno fatto come una guarnitione a modo di quadro,
dove fa entrare la detta forma; a doi mani la cala giù per filo, l'infonde nell'acqua
e materia della detta tina, poi la tira a poco a poco di piano in piano
crollandola un poco leggiermente, con fare che l'acqua vada colando per
quelle file di rame, e così si va condensando; e così lo porge ad un'altro, che
si dice il Ponidore, il quale lo pone sopra un feltro di lana; piegando la forma
dalla parte destra pian piano la calca tutta sul feltro, restandovi subito il
foglio attaccato, sopra il quale mette subito un altro feltro, e dà la forma
vuota al Lavorante, che gli ritorna un'altra forma con un'altro foglio, e lo
ripone come il primo sopra il feltro. Così di mano in mano si va facendo, sin
che sia finita una posta, che è mezza risma di papero, cioè fogli 250. Resta


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questa posta alta palmi quattro e mezzo in circa, e la pongono subito sotto
la soppressa, & a forza di braccia (come si è detto) si stringe a segno che n'esce
quasi tutta l'acqua; si leva subito, e col garzone detto il Levadore si leva il
primo feltro e si stacca il primo foglio, e si vanno staccando gli altri con tanta
destrezza, che in tutti li 250 tal hor non ne guasta uno, e li ripone uno sopra
l'altro tanto uguali & aggiustati che restano come un pane di sapone. Van
così continuando sino alla sera, nel qual tempo, lavorando dalle ott'hore
(tempo stabilito per tutto l'anno) sino al tramontar del Sole, fabricano circa
20 poste, che sono risme diece, e queste constituiscono una balla di papero.
La sera poi l'uniscono, collocandolo uno sopra l'altro sotto differente soppressa,
e lo stringono, e ne fanno uscire ancora qualche poc'acqua, lasciandolo
così tutta la notte; il giorno poi seguente lo portano ad asciugare sopra lo
spanditore, e lo stendono sopra cordicciuole; e per non stracciarlo bisogna
pigliarlo a cinque in sei fogli per volta, e così s'appende sopra dette cordicciuole
giusto per mezzo, a poi asciutto restando come tanti cartonetti, si
raccoglie, si stende e si mette in mucchio, lasciandovisi stare sino al tempo
d'incollarlo.

Li paperi s'incollano dal primo d'Ottobre per tutto Giugno, essendo
contrarii i caldi.

Non lasciarò di dire che resta questa formatione di papero maravigliosa,
perché, come si è detto, la materia di che si fa è solo straccie & acqua, le quali
non hanno del viscoso né del tenace, e pure se ne fanno questi fogli così ben
condensati che son meglio che tessuti, e si fanno poi più forti con la colla,
come si dirà qui appresso.

La detta colla si fa di carnuccio, cioè di quelli avanzi di pelle di animali,
che si affaitano. Va cotta in la caldara sudetta, e poi si cala sopra un feltro di
lana per levargli le immonditie & il grasso; si mette nel sudetto troglio appresso
detta caldara, e mentre è calda a segno di poterli soffrire le mani, se
vi infonde il papero, lasciandovelo imbeverar bene; poi si mette sotto la
soppressa che sta sopra lo troglio sudetto, e si stringe a segno che tutta l'acqua
esce fuora; ne gli resta solo la sostanza della colla, per la quale piglia forza il
papero, per poter resistere alli venti & acqua nelle stamegne, & al ricever
l'inchiostro.

Hor qui si vede un'altra maraviglia, perché que' fogli che s'incollano
sono così asciutti & aridi, che chi distaccar vuole un foglio dall'altro non si
può senza romperlo, né si può con qualsivoglia altra cosa che con questa
colla staccare; e la colla, che tutte l'altre cose attacca insieme, stacca e separa
la carta, il che segue per qualche virtù e proprietà occulta.

Subito disoppressato il papero lo portano così caldo nello spanditore
sudetto, e posto sopra un tavolino detto Predola, con uno stromento di legno
fatto a modo di T grande i Spanditori lo stendono a foglio per foglio sopra
quelle cordicciuole, e li putti piccoli di 8 in 10 anni con le mani lo staccano
similmente a foglio per foglio e col soffio, con molta agilità e prestezza, senza
stracciarne, e lo lasciano così steso sino che sia asciutto. Lo raccolgono poi e
ne fanno quinterni, portandoli nel Lisciadore, ove di nuovo si soppressa, &
ivi sopra un banco tanto longo quanto è il sito della stanza vi sono sei in otto


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siti o luoghi con lastre di marmo, sopra quali è lisciato il papero dalle donne,
al quale uffitio sono molto addattate, e lo fanno con tanta prestezza & agilità,
che a pena se le vedono le mani; e mentre lo lisciano ancora lo distinguono,
mettendo da parte li mezetti; & accommodato poi dal Maestro in quinterni,
in risme & in fasci, mandandolo al Patrone, quale involtato in risme lo fa
metter in balloni.

Concerto col Maestro dell'Edifitio annualmente

Il Patrone dell'Edifitio da Carta ha da provedere al Maestro che deve
fabbricarla cantara 400 di straccie per ciascun' anno, & il Maestro è obligato
per ogni cantara 100 rispondere al patrone balle 75 di paperi bianchi da
scrivere della solita misura e peso, che sono lire dodici e mezza per risma.
Una balla s'intende di risme diece, una risma è di quinterni venti, & il
quinterno di fogli venticinque.

In ogni risma s'intendono tre quinterni di mezzetto, cioè due nel fondo
d'essa risma e l'altro sul principio; questi mezzetti sono di fogli ventiquattro.

Al Maestro deve esser dato il luogo dell'Edifitio all'ordine d'ogni cosa, e
così deve consignarlo quando lo lascia, & ha obligo di proveder li cavi per le
suppresse, masse, stanghe, caldare, impidori, far acconciar le Biete, Leve,
Reinette, Seo e le manifatture per far acconciar le pile.

Il detto Patrone ha da provedere la colla, feltri, forme, terragnina, legne,
e tutto quello fa di bisogno per poter lavorare, e di tutto darà debito al
Maestro.

Al Maestro si provedono ogni Sabbato li danari che li fanno di bisogno,
e se gli pagano per manifattura lire otto moneta corrente nostra per ogni
balla. Ogni cantare 400 di straccie rispondono al Patrone balle 300 paperi,
e di più danno di crescimento al Maestro balle 30 in 40 e questo si paga al
Maestro secondo il corso commune, cioè quello che sogliono valer li paperi,
& il Patrone ha da sentir l'utile nel crescimento, come lo sentirà nell'altro per
lui fabbricato. In questo crescimento alle volte alcuni Maestri usano poca
fedaltà, essendo stato introdotto che lo vendono ad altri, se ben ciò la giustitia
sotto gravi pene tanto a' venditori quanto a' compratori l'ha prohibito.

In le balle 300 paperi ne sogliono uscire da otto in diece balle inferiori di
bontà, secondo le qualità delle straccie, e questi sono domandati Gruzzotti, &
il Patrone li riceve, così essendo solito.

Le straccie migliori sono le Firentine, poi le Lombarde, appresso le
nostrali, e le più inferiori sono quelle di Napoli & altre parti.

V'è differenza di prezzo, e nasce dalle qualità della straccia, dando le
più fine qualche fioretti, e questi si vendono da 20 in 25 per cento più
dell'ordinario.

Nelle straccie inferiori si fa buono al Maestro dell'Edifitio qualche tara,
la quale uguala la differenza del prezzo, poiché la medesima va a fabbricar i
paperi fioretti,[37] come gli ordinarij.


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Page 260
 
[37]

1651 edition: firetti.

 
[35]

1651 edition: morle.

[36]

1651 edition: sorpressa.